VANGELO DELLA DOMENICA 13 SETTEMBRE 2020
Assistiamo dopo le festività di san Nicola ad un flebile ritorno alla vita comunitaria, flebile perché ancora ingessati nella paura, nella no voglia, nella disaffezione e stiamo tutti aspettando qualcosa che sta arrivando…ma non sappiamo se attendere con gioia o preoccupazione. È bastato poco disabituare le nostre comunità tanto unite ed affiatate a passare da comunità entusiasta e propositiva a piccolo villaggetto, un po’ sulle sue, che sta attento solo al proprio giardinetto di casa.
Diciamo che la disgregazione è venuta con l’aggregazione con le altre parrocchie, con l’unità pastorale, ciò che doveva unire ci ha diviso, e nemmeno questa pandemia che, ora ad ascoltarla non ne possiamo più, ha fatto effetto collante. Ha anzi disunito quel po’ che c’era.
Allora non sono bastate le messe patronali, non sono bastati i settenari, non è bastato il cre, ma non sarebbero bastati neppure tutte le feste in pompa magna come le avremmo volute per ridare slancio ad una comunità.
Si, mi sembra una visione disfattista ed un po’ triste, ma io credo che non ci possiamo nascondere dietro a pie illusioni, non possiamo dire arriveranno loro, non serve sbraitare perché se ho qualcosa di buono e sensato, non occorre attirare credenti o clienti perché arrivano da soli, non mi serve nemmeno piangere sul ciò che altri hanno fatto e io non ho potuto fare, vedi (a Leffe fanno le processioni e a Gandino no!!). Perché tutte queste scuse mi tolgono dalla vera questione, che non è mai l’altro che mi crea problemi, che mi impedisce di fare, che mi ostacola, ma io, cosa ho fatto?
La questione centrale sono sempre io!
Prendiamo il Vangelo, c’è una comunità di servi e 2 servi in particolare!
2 servi che vivono in una comunità non indifferente! Da qui bisogna imparare. Questi servi che condividono il duro lavoro a servizio di un padrone così esigente, condividono gioie e dolori, lavori e feste, e sanno bene che il loro padrone è giusto, anche se sembra severo, e misericordioso.
Una comunità con servi differenti, ognuno aveva il suo ruolo all’interno, chi magari più visibile altri un po’ meno, servi che non sono però indifferenti gli uni verso gli altri. Sanno bene di essere nella stessa situazione, poteva capitare a tutti di rimanere debitori, poteva capitare a tutti di essere colti in fallo sbagliare e chiedere perdono. Non è una comunità né omertosa, né di spioni, né indifferente, si accorgono di una ingiustizia e non possono rimanere in silenzio. Vanno e raccontano al padrone cosa è accaduto, e siamo tutti contenti che sia fatta giustizia, magari vorremmo che la parabola avesse un lieto fine ancor più lieto fine tipo, e condonò il debito del secondo servo…
Ma pensiamo alla nostra comunità e ai suoi debiti, non intendo i debiti materiali che per fortuna non ce ne sono troppi. Quanto nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie e nella nostra vita ci sono delle situazioni nelle quali un debito viene condonato, perdonato subito? Io, mi ricordo ogni minimo sgarro che mi ha fatto questo, quello e perfino quello che ho visto anche solo una volta nella mia vita!
Ah, e ci lamentiamo che la parabola ha un finale non troppo bello!! Ma la nostra vita, le nostre vite, siamo capaci di dare finali belli, o anche solo siamo capaci di ridare fiducia a chi, dopo aver fatto qualcosa, dopo piccoli e grandi tradimenti? Siamo capaci di perdono?
- Cosa comunità che non è indifferente ma che si mette in gioco per la sua vita, perché nella vita della comunità ne va della mia vita! Non posso pensare di non influire sulla comunità e che la comunità non influisca sulla mia vita!
- Ognuno di noi deve fare la sua parte, tocca a me! E non è questa solo una bella retorica propagandistica da comizio elettorale. No, ne va del mio essere uomo.
Un uomo che riceve il perdono e non è capace di perdonare… beh, mi fa pensare che il perdono non occorre solo riceverlo solo come un regalo che lo tengo lì, ma occorre scartalo guardalo usarlo…se ricevo un dono e lo tengo lì e no lo uso, se vengo perdonato e non perdono, scusate, ma sono proprio un buono a nulla. Colui che riceve il perdono da Dio e dai fratelli e non fa altrettanto, il suo perdono ricevuto va in fumo e cade in una malattia ben peggiore la non riconoscenza, il tutto dovuto e sono a posto con tutti.
Lasciamoci cambiare dal perdono del Signore per scuotere la nostra vita, per migliorarla per far di essa un dono per me e per chi mi sta accanto!
Vangelo della Domenica Matteo 28,21-35
Vignette per pensare e sorridere
Non lasciare che ti rubino la speranza e la gioia, Papa Francesco