XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Una vita in pezzi?
Abbiamo imparato così tanto a parcellizzare la nostra vita che ormai, è come una scatola dei lego, ci sono talmente tanti pezzi, di diverse dimensioni e colori che on sappiamo più da dove iniziare la nostra vita. Ci viene detto al lavoro si lavoro a casa si sta con la famiglia, poi ci capita di andare a casa dopo il lavoro e di continuare a lavorare e va tutto bene, ma se al lavoro chiediamo un permesso perla famiglia, ah, no! Non si può fare. Ci viene detto di tenere la vita affettiva fuori dal lavoro, come tanti film ci dicono, la squadra viene prima degli affetti, ma ci ritroviamo alla fine che gli affetti e la squadra sono una cosa sola. Ci viene detto che quando si fa una cosa non se ne può fare un’altra, ma tutte le volte mi ritrovo a fare 3 cose insieme, e che non si può tenere il piede in 2 scarpe, allora lo tengo in 3 che faccio prima.
Ma è proprio vero che la nostra vita è fatta da tanti piccoli tasselli che devono stare separati, ognuno al proprio posto? Cioè mi state dicendo che io ho in mano un puzzle della Ravesburg e ci sono un sacco di pezzi e devo diventare matto tutta la vita a separarli per poi metterli insieme.
A cesare quello che è di cesare.
Beh, manco riusciamo a fare questo. In questi mesi dove lo stato ha fatto sentire il suo potere, e dove qualche volta ha limitato la nostra libertà per un bene superiore, abbiamo fatto fatica a mandare giù il boccone. Non voglio dire se lo stato a fatto bene o se ha fatto male, se si poteva fare meglio o si è fatto abbastanza, il tempo del giudizio verrà e non vorrei essere nei panni di chi deve giudicare, per fortuna lo fa il Signore non noi.
Facciamo fatica a dare allo stato ciò che è suo, perché saltano fuori le mille e più scuse. Non elenchiamole perché sono quelle che ci escono tutti i giorni davanti alla TV. Interessante che i farisei parlino di questa tassa
Tributo a Cesare
Il tributo a Cesare era una tassa che a partire dal 6 d.C. tutti gli abitanti della Giudea, della Samaria e dell’Idumea dovevano versare al potere imperiale e dovevano farlo con una moneta speciale, una moneta che recava appunto l’effige di Cesare. Pagare il tributo con questa moneta speciale diventava in tal modo anche un sistema per diffondere il culto dell’imperatore. La resistenza che un ebreo provava davanti a questa imposizione non era solo di tipo economico e politico, ma anche religioso, dal momento che la Legge ebraica vietava di farsi immagine alcuna. Usare quella moneta poteva dunque anche essere considerato come un atto di idolatria.
L’amore per l’imperatore passa quindi attraverso il denaro, è un affetto che si quantifica. È uno scambio in cui c’è uno che vince ed è sempre presente, l’altro invece è costretto a stare da schiavo in quella relazione. Ho l’impressione perciò che lo stile di Cesare sia spesso anche il nostro, quando viviamo relazioni fatte di scambi quantificati, in cui tutto è misurato in base al prezzo, dove siamo sempre scrupolosamente attenti a verificare se l’altro ha pagato il tributo alla nostra immagine. Siamo tutti narcisisti come Cesare e viviamo le relazioni come un bisogno di venerazione e di conferma all’idea che abbiamo di noi stessi.
Da rigantur mentes
Dare all’altro quello che gli spetta non è facile, si cade spesso in facili perbenismi, compromessi…che sicuramente non aiutano a migliorare il posto dove noi viviamo.
A Dio quello che è di Dio
Bene, allora a Dio non do proprio niente. Perché io sono mio! Si, qualcuno mi ha fatto, ma ora da uomo emancipato capisco che sono io il padrone della mia vita, che posso decidere tutto di me. Non devo lui proprio nulla, né amore, né preghiera, né tanto meno alla sua chiesa. Anzi se mi ha donato la vita, sarà ancora lui a dover dare a me, se mi ha donato il mondo e la felicità, perché non continua a donare? Perciò potremmo concludere così, data a me quello che è mio.
Ma siamo sicuri che la domanda dalla quale siamo partiti sia corretta?
Spesso nella nostra vita ci diamo domande delle quali sappiamo già la risposta. Però a queste domande continuiamo e continuiamo a cercare delle risposte, forse perché quelle che abbiamo non ci piacciono, facciamo fatica ad accettarle. È come quando sappiamo di sbagliare, ma comunque ci domandiamo se è lecito o meno, o ci nascondiamo dietro a false speranze attese…
Vangelo della Domenica
Mt 22,15-21
Vignette per pensare e sorridere
Non lasciare che ti rubino la speranza e la gioia, Papa Francesco